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La relazione di coppia: i paradossi dell'intimità

“Se ammettiamo che l'intimità sia una delle forze che intervengono nella dialettica fra appartenenza e individuazione, e che per la maggior parte delle persone il bisogno, il desiderio, la voglia di intimità siano più forti della capacità di tollerarla, ne consegue che nella sfera delle nostre relazioni personali, la maggioranza di noi è vittima del rispetto umano” (C.A. Whitaker, 1989).

Croce e delizia delle relazioni umane, sull'intimità si è scritto molto e diversi sono gli studiosi della psiche che se ne sono occupati cercando di spiegare cosa spinge l'essere umano a desiderare qualcosa che percepisce come pericolosa per l'integrità del proprio io.

Desideri e paure nel rapporto con l’altro. Le due facce dell’intimità

Prendendo in prestito l'abusato mito di Icaro e rivisitandolo all'interno della sfera delle relazioni umane si potrebbe affermare che il bisogno di volersi spingere verso l'alt(r)o, verso quella fonte di calore che a giusta distanza permette la vita stessa, illudendosi di avere il controllo costante di sé e del proprio volo, non garantisce la lucidità di calcolare i rischi, cosicché la caduta diventa rovinosa: si smette di esistere (l'altro prende il sopravvento). Rimanere a terra però significherebbe vivere nell'immobilità, immaginare qualcosa che non si avrà mai il coraggio di esperire.

Bisognerebbe conoscersi profondamente e contemplare l'altro per chi è e non per il bisogno che abbiamo di lui che potrebbe permettere di rendere il volo equilibrato. Il paragone con Icaro potrebbe essere un po' troppo estremo, considerando che l'altro è rappresentato dal sole, ma in fondo non è proprio l'idealizzazione dell'altro a rendere complicata la stabilità della relazione? Quando una persona che si affaccia nella nostra vita smette di essere reale e diventa, appunto, ideale?

La scelta del partner

Anche nelle relazioni più "libere" la scelta viene operata, almeno in parte, sulla base di una serie di elementi complessi che la condizionano. Ad esempio, molti di coloro che sostengono di non aver mai sentito il bisogno di un partner possono non rendersi conto che in realtà non si trattava di una mancanza di bisogno, ma di una rinuncia condizionata (C. Angeli, 1998).

La scelta del partner è una strana mescolanza tra mito e mandati familiari, legami di attaccamento e soddisfacimento dei bisogni personali. Proprio quest'ultimo punto potrebbe rispondere agli interrogativi di cui sopra. Soddisfare un proprio bisogno personale, che origina da profonde dinamiche interne, spesso è alla base delle aspettative di cui si investe il partner: è come se ci si dimenticasse che la relazione di coppia sia composta da due persone.

Il proprio bisogno, qualsiasi esso sia, diventa il perno su cui ruota la relazione. L'altro deve soddisfarlo e adattarsi alle nostre esigenze che spesso non sono neanche espresse!

I paradossi della relazione affettiva

Una buona comunicazione all’interno della coppia gioca un ruolo fondamentale per il benessere della relazione ma, viceversa, una comunicazione poco chiara o problematica può essere alla base di profonde criticità. Questo è ciò che accade quando entrano in gioco quelli che possiamo definire paradossi della relazione affettiva.

Eccone uno tra i tra i più comuni: mi aspetto che l'altro mi capisca nel profondo e soddisfi le mie richieste implicite senza che mi prenda la briga di comunicarle esplicitamente. Come può dunque l’altro soddisfare i miei bisogni se non li conosce?

Un altro che si verifica spesso, soprattutto nelle coppie in crisi, riguarda l'incapacità reciproca di comunicare nonostante il partner sia la persona con cui più si entra in intimità, una sorta di inibizione comunicativa.

La delusione delle aspettative, la reciproca sordità ai bisogni dell'altro (nonostante questi siano urlati), la percezione di non essere accolti da chi invece era stato investito proprio di questo mandato, provoca un distacco e un isolamento emotivo che sfocia nella sensazione, anche questa paradossale, di sentirsi soli nonostante si viva in coppia.

"Se non volete soffrire la solitudine, non sposatevi" diceva Checov (concetto poi ripreso da Whitaker). Al di là di ogni provocazione però, il concetto prevalente potrebbe risiedere proprio nella capacità di poter tollerare l'intimità con l'altro partendo dalla conoscenza di sé, dalla capacità di entrare in intimità con sé stessi, per poi ricercarla all'esterno, riconoscersi per poi riconoscere l'altro. Individuarsi e appartenere.

Isabella Patrizia Perrone

 

*Note sull’autrice:
Isabella Patrizia Perrone, psicologa clinica, psicoterapeuta sistemico-relazionale, psicologa giuridica e psicodiagnosta. Referente del Centro di Consulenza Clinica Psy+ Onlus. Collabora come psicologa nell’Area Scuola e lavora all’interno del progetto di psicologia dell’emergenza rivolto alle popolazioni coinvolte nel sisma del centro Italia.

affettività, relazioni, amore, comunicazione

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