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Stereotipi di genere e leadership al femminile: il paradosso della "Lady di Ferro"

Nonostante il genere femminile abbia fatto grandi passi in avanti nel mondo del lavoro negli ultimi anni, diverse questioni rimangono aperte, questioni che riguardano principalmente la disparità di trattamento tra uomini e donne all’interno dei contesti lavorativi.


IL PROBLEMA

Le donne sono fortemente sottorappresentate rispetto agli uomini nelle posizioni più alte di potere e autorità. Mentre raggiungono quasi il numero dei colleghi uomini a livello manageriale, sono drammaticamente assenti all’interno dei consigli di amministrazione delle più importanti organizzazioni europee e americane. Secondo dati del 2016, negli Stati Uniti le donne detengono solo un quinto dei posti all’interno dei consigli di amministrazione delle maggiori imprese societarie statunitensi, le cosiddette Fortune 500. In Europa la situazione non è granché differente: le donne membri dei più alti organi decisionali delle maggiori società rappresentano circa un quinto del totale rispetto ai colleghi uomini. Il numero di donne tra presidenti e amministratori delegati è ancora minore: le donne presidenti sono circa il 7% del totale, e solo il 5% degli amministratori delegati, secondo dati aggiornati al 2017.
Le donne che arrivano veramente a detenere posizioni di top leadership quindi sono poche. Quelle che ci riescono, non hanno vita facile.

IL PARADOSSO

La prima donna a divenire Primo Ministro nel Regno Unito, Margaret Thatcher, è stata al potere per tutti gli anni ‘80.  Le furono dati diversi soprannomi, tra cui il più famoso “Donna di Ferro” (“The Iron Lady”), ma anche “Sua Malignità” (“Her Malignancy”) con cui ancora oggi viene chiamata.
Questa caratterizzazione delle donne top leader come fredde e ostili è piuttosto diffusa negli ambienti lavorativi, come riportato in numerose ricerche di psicologia sociale.
Eagly e il suo team di colleghi si occupano da anni di tematiche di genere e leadership, e forniscono una chiave di lettura del fenomeno basata sugli stereotipi di genere. Lo stereotipo di genere raccoglie tutte quelle caratteristiche che la donna e l’uomo, secondo una percezione socialmente condivisa, possiedono o dovrebbero possedere.

La donna, secondo lo stereotipo di genere più diffuso, si occupa degli altri, ricerca relazioni positive (è amichevole e collaborativa), è sensibile e possiede una buona intelligenza emotiva (intuitiva, comprensiva, perspicace). L’uomo, al contrario, è competente, ambizioso, concentrato sul compito, tende a prendere il comando, è assertivo, dominante e razionale.
Questi stereotipi di genere, confrontati con gli stereotipi socialmente condivisi sul ruolo di leader, forniscono dei dati interessanti. È stato rilevato infatti che lo stereotipo di leader e lo stereotipo di uomo coincidono. Uomo e leader quindi condividono le stesse caratteristiche: i due ruoli sono congruenti.
Questo ovviamente diventa un problema nel momento in cui la donna aspira a posizioni di leadership. Se infatti le donne si attengono al loro ruolo di genere, mostrandosi comprensive e empatiche, falliscono nel ruolo di leader, perché non si mostrano abbastanza forti e decise. Se invece si conformano al ruolo di leader, falliscono nel ruolo di genere, venendo valutate come fredde e ostili, venendo etichettate in maniera negativa, proprio come Margaret Thatcher. Sintetizzando, secondo questa prospettiva proposta da Eagly e colleghi, le donne si trovano in una condizione di paradosso, in cui qualunque comportamento potrebbe mettere a rischio la loro posizione come donna o come leader, producendo in ogni caso esiti negativi.

POSSIBILI SOLUZIONI

Come si può uscire da questo paradosso? Uno dei mezzi più efficaci sperimentato negli ultimi anni consiste in programmi di sviluppo della leadership femminile.
Questi programmi si focalizzano:

  • Sullo sviluppo delle competenze delle donne;
  • Sulla “coscientizzazione” delle intere organizzazioni sugli stereotipi di genere.
Intervenire sugli stereotipi di genere infatti è il primo passo per affrontare il problema, ma è fondamentale anche agire ad un livello più ampio.

A questo proposito ulteriori soluzioni individuate sono state:

  • Pianificare attentamente le pratiche organizzative interne (valutazioni, promozioni, utilizzo di benefit e premi ecc.)
  • Programmare interventi di sostegno per lo sviluppo di carriera
  • Politiche sociali centrate sulla parità di genere
Tutti si sono dimostrati interventi validi, se operati in sinergia. Il cambiamento di questo tipo di dinamiche infatti non può che essere multi-determinato: si deve agire a livello individuale, organizzativo e sociale per produrre un cambiamento apprezzabile e duraturo.

 

Giulia Sica 

 *Note sull’autrice. 
Giulia Sica. Psicologa, socia ordinaria Psy+ Onlus. Laureata in Psicologia Clinica presso Sapienza, Università di Roma.

 

BIBLIOGRAFIA:

- Betz, N.E. (2007), “Career self-efficacy: exemplary recent research and emerging directions”, Journal of Career Assessment, Vol. 15 No. 4, pp. 403-22
- Catalyst. (2016). 2016 Catalyst Census: Women And Men Board Directors (https://bit.ly/2ARRH2m)
- Clarke, M. (2011), "Advancing women's careers through leadership development programs", Employee Relations, Vol. 33 Iss 5 pp. 498 - 515
- Egly, A. H., Carli, L. L. (2008). Women and the labyrinth of leadership, Harvard Business Publishing
- Eagly, A. H., & Karau, S. J. (2002). Role congruity theory of prejudice toward female leaders. Psychological Review, 109(3), 573–598
- Publications Office of the European Union: Report on equality between women and men in the EU 2018 (https://bit.ly/2EIXkEr)
- Wong, A., McKey, C., Baxter, P. (2018) "What’s the fuss? Gender and academic leadership", Journal of Health Organization and Management

 

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