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Disturbo da gioco d’azzardo e Lockdown

Mi colpisce, in questi giorni etichettati come i primi della tanto attesa fase 2, ascoltare una parola frequentemente pronunciata dai pazienti in trattamento per Disturbo da Gioco d’Azzardo: “speriamo…”. 

“Speriamo”, una parola semplice, di uso comune che però, all’interno del contesto eccezionale che è il percorso di cura di una forma di dipendenza così sottovalutata, risulta carica di significati che dimorano dietro le otto lettere.

A volte è lo “speriamo” disimpegnato di chi evita il pensiero del domani come eviterebbe qualsiasi fatica del corpo e dello spirito; a volte è lo “speriamo” affannato di chi chiede più tempo per accumulare energia e sicurezza da opporre alle insidie che si manifesteranno; altre volte ancora è lo “speriamo” di chi non gioca d’azzardo da mesi e mesi, ma ancora chiede la presenza di una guida, un riferimento autorevole, un intestatario della fiducia, della ragione e della forza.

Quello “speriamo”, per noi operatori coinvolti nei percorsi di trattamento, diviene materiale di lavoro, leva per sollevare parole come “motivazione”, “consapevolezza”, “prevenzione”, “rischio”, per svelare paure non elaborate, per mettere a nudo pensieri distorti relativi al caso ed al gioco ancora sopravvissuti, per rinforzare motivi ancora deboli, per sperimentare nuove soluzioni

Eppure tra un colloquio e l’altro, si scorge in quello “speriamo” il significato che connota i contesti in cui si curano malattie del corpo e della psiche; contesti in cui la ricaduta significherebbe ricominciare cicli di cura faticosi non sapendo se si riesce ad uscirne guariti, salvi od addirittura vivi.

È in questi momenti che emerge con forza la verità del disturbo da gioco d’azzardo come malattia e non come vizio, prima grande svolta concettuale da continuare a condividere e raccontare finché non sia chiaro per tutti.

Le proposte di gioco d’azzardo costruite sulla base della profilazione dei “consumatori” per offrire occasioni di gioco pervasive (nei luoghi e nei tempi) alimentano la diffusione di patologie azzardo-correlate, peggiorando inoltre la condizione di coloro che già le hanno sviluppate. 

Già da almeno un decennio professionisti ed operatori del settore di cura, enti, comitati, associazioni, tra cui PsyPlus Onlus, si impegnano affinché il gioco d’azzardo sia regolato. 

Sperare” che questa epidemia silente trovi risposta in politiche di regolazione improntate realmente alla tutela della salute pubblica non basta: è necessario chiedere con forza che il comparto dell’azzardo (che ovviamente non rientra fra le “attività essenziali”) venga ripensato, ridimensionato, e ricondotto ad una gestione pubblica maggiormente consapevole e responsabile. 

                                                                                                   

Daniele Manasse

 

*Note sull'autore. Daniele Manasse è Psicologo e Psicoterapeuta. Come socio Psyplus Onlus, ha coordinato l’Area Gambling all’interno dell’associazione dal 2013 al 2019, partecipando ad attività clinica, di ricerca e di sensibilizzazione rispetto ai disturbi correlati al gioco d’azzardo. Da gennaio 2019 collabora come Psicologo Psicoterapeuta con il Ser.D. di Via Fornovo 12 (Asl Roma 1) all’interno dell’implementazione dei percorsi di cura rivolti a soggetti con disturbo da gioco d’azzardo, occupandosi nello specifico di accoglienza delle richieste di aiuto, colloquio motivazionale, valutazione e diagnosi del disturbo da gioco d’azzardo, psicoterapia individuale, co-conduzione del gruppo per i familiari e del gruppo di prevenzione delle ricadute.

 

azzardo, gambling, gioco, Coronavirus, lockdown





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