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Murakami: una finestra sull'esperienza umana

Immergersi nella lettura di Haruki Murakami e come affacciarsi sulla finestra dell’esperienza umana: la complessità dei vissuti emotivi, i bisogni più arcaici e le angosce più profonde.

“Non siamo qui per correggere le nostre alterazioni ma per imparare a convivere con esse. Proprio come ognuno di noi ha una particolare maniera di camminare, ha anche una sua particolare maniera di sentire, di pensare e vedere le cose. Anche se uno vuole correggerla, non ci può riuscire facilmente, e se riesce a farlo forzando se stesso, qualche altra parte di lui comincia a non funzionare più bene." Norwegian Wood, Tokyo Blues (1987)

Haruki Murakami, tradotto in oltre 50 lingue, è senza dubbio l’autore giapponese più acclamato ed amato nel mondo. La sua formazione artistica come i suoi romanzi risentono fortemente del contesto storico in cui la sua poetica è andata formandosi. Influssi pop americani, lost generation nella letteratura, jazz e il blues nella musica ne fanno l’autore più occidentale del Giappone. Sebbene non siano gli elementi che cita nei racconti a renderlo occidentale, quanto il suo stile. Uno stile semplice e realistico, che può apparire tedioso per via della dovizia di particolari, della ripetitività delle parole e dei gesti, ma è forse proprio questo che lo rende accessibile. I personaggi sono umani e veri, le dinamiche e le storie così vicine ai lettori ma non per questo banali. 

Infatti la corrente letteraria a cui fa riferimento è il realismo magico: la comparsa di un elemento magico in ambientazioni e storie che altrimenti sarebbero verosimili. E’ un tocco di magia, di mistero, di impercettibile che si affaccia nel naturale fluire delle cose.

La lettura è scorrevole e il lettore mangia avidamente le pagine poichè,  a fianco della chiarezza espositiva, si percepisce l’autenticità degli stati d’animo dei personaggi legata a temi di forte rilevanza psicologica come il lutto, l’abbandono, il trauma e la perdita, insieme al sesso, le relazioni, la dimensione onirica e il confine tra realtà e fantasia.

L’ESPERIENZA DELLA PERDITA

In psicologia la reazione del lutto è la reazione ad una perdita, non ad una perdita qualunque, ma ad una perdita che sconvolge, scompagina, dissesta il nostro modo di vedere il mondo. Nel processo di disinvestimento, che consegue ad una sana reazione alla perdita, ricordi, aspettative, desideri e credenze sull’oggetto d’amore vengono evocati, sovrainvestiti e poi viene finalmente compiuto il distacco della libido. Tuttavia quando questo non avviene, la perdita assume la forma di una lacerazione traumatica che si accompagna a vissuti depressivi e sensi di colpa.

Molti dei protagonisti murakamiani si trovano a dover affrontare la perdita. In Norwegian Wood (1987) il protagonista, Watanabe, poco più che adolescente deve affrontare prima la perdita dell’amico suicida, poi quella della ragazza di quest’ultimo di cui si era innamorato. L’angoscia di essere abbandonati è presente nel racconto Dance Dance Dance (1995), in cui il protagonista, un giornalista freelance, viene lasciato prima dalla moglie e poi dall’amico d’infanzia a causa della sua irrequietezza emotiva, causando un senso cronico di vuoto. Una sorte simile è quella di Toru che nel testo L'uccello che girava le viti del mondo (1995) prima subisce la scomparsa del gatto e poi quella misteriosa della moglie che cercherà di ritrovare in un universo parallelo.

FUSIONE E DIFFERENZIAZIONE

Nelle opere di Murakami le relazioni e in particolare le relazioni di coppia, sono spesso travolgenti, passionali e con una certa quota di inquietudine, sofferenza e rimpianto. 

“Nonostante la distanza il mio amore non cambia. A stare lontano da te per tanto tempo, però, mi vengono mille timori. Gli esseri umani stando da soli diventano fragili. … Era un addio. Ne eravamo consapevoli entrambi. Mi sentivo terribilmente… terribilmente vuoto. Un’entità cava.”  I salici ciechi e la donna addormentata (2006)

Nelle relazioni amorose l’individuo è costantemente impegnato in una dialettica che comprende l’ingaggio e la separazione: il primo è la proposta inconscia di relazione, la seconda è il mantenimento di una chiara individuazione (Norsa e Zavattini, 1998).

I pattern relazionali si stabiliscono a partire da un incastro inconscio con l’obiettivo di formare una relazione durevole, adattiva e priva di conflitti. Tuttavia la fantasia di una relazione simbiotica in cui i due amanti sono immersi in un noi indifferenziato che li rende inseparabili e invincibili è una fantasia che la persone pagano a costo della loro individualità e crescita. Secondo  Laplanche & Pontalis l’identificazione è un processo attraverso cui il soggetto assimila un aspetto, una proprietà, un attributo di un’altra persona e si trasforma, totalmente o parzialmente, sul modello di quest’ultima; comportando un cambiamento della personalità. Questo tipo di relazione fusionale impedisce che gli individui si riconoscano come entità separata e nel momento in cui si lasciano l'esperienza è straziante come se l’altro andando via si portasse una parte della loro identità, lasciandoli come “un’entità cava”.

Non sempre però nei testi di Murakami la perdita è nella connotazione dell’esperienza traumatica del lutto o dell’abbandono. Il fil rouge è la perturbazione, lo smarrimento che può aprire a nuovi spazi di pensiero e nuove possibilità evolutive.  

E’ il caso di racconti come A sud del confine, a ovest del sole (1992) in cui il protagonista abbandona la persona amata alla ricerca di sé stesso, ricerca che avviene spesso in una dimensione parallela e surreale. Riprendendo la vicenda di Toru ne L'uccello che girava le viti del mondo, la separazione dalla moglie si accompagna ad un iniziale smarrimento, che però poi si trasforma in un motore di pensiero che mette in risalto una nuova consapevolezza di sé. L’abbandono è disarmante per il senso di impotenza: la reazione iniziale di sentirsi vittime alla mercé dell’altro è comprensibile. Ciò nonostante gli individui affettivamente maturi possono affrontare la separazione mettendosi nella condizione di vedere il ruolo attivo giocato nelle relazioni, comprendendo le dinamiche disfunzionali generate e valutando se è possibile una nuova forma di investimento, o se la separazione è una soluzione per ritrovare uno nuovo equilibrio.

L’ADOLESCENZA E LA SESSUALITÀ

Nei testi di Murakami le separazioni e le perdite si intrecciano anche a fasi evolutive importanti. Nel già citato Norwegian Wood è evidente il tema della perdita simbolica, rappresentata dalla fine dell’adolescenza e dall’ingresso nel mondo degli adulti.  L’adolescenza è una fase del ciclo vitale spesso critica e burrascosa per i suoi cambiamenti fisici e psichici. L’impatto con la realtà spesso crudele è un elemento ricorrente nella narrativa di Murakami. Momento critico per la potenza evolutiva, gli episodi traumatici che si verificano in questa fase contribuiscono alla definizione della personalità dei protagonisti, che si trovano poi ad affrontare la condizione adulta, a volte con una quota di isolamento e ritiro. La solitudine si esprime sia come allontanamento e ritiro dai rapporti sociali, ma anche come rifugio nella dimensione interiore ed esplorazione di sé stessi.

L’altro elemento con cui i personaggi vivono l’adolescenza, la crescita e l’esplorazione di sè è il sesso. Il sesso, aspetto immancabile nei testi di Murakami, è descritto come caotico, avvincente, imbarazzante, curioso e sperimentale. Il testo è sempre molto particolareggiato e racconta di un sesso a volte difficile e complicato, altre volte e più spesso bello. Proprio per la dettagliata descrizione delle scene di sesso, alcuni hanno definito morboso il suo approccio alle relazioni carnali.

IL CONFINE TRA REALTÀ’ E FANTASIA

Nelle storie di Murakami il confine tra realtà e fantasia è molto labile passando dal surrealismo alla fantascienza. I protagonisti si scoprono in mondi paralleli, vivono episodi di trance, incontrano personaggi di altre dimensioni, catapultando il lettore in una dimensione onirica. Ciò nonostante, la chiave di lettura non è in una visione paranormale ma un invito all’esplorazione del mondo onirico come spazio in cui calarsi per entrare a contatto con sé stessi, accettarsi e riscoprirsi. 

“All’alba il tifone si era già allontanato. Il vento era cessato e il sole inondava la terra di luce limpida e calda. Andai a controllare all’ingresso. Trovai un mozzicone di sigaretta. Anche la spada di legno. Ma nessuno specchio. Non era mai esistito. Non c’era mai stato uno specchio sul muro accanto alla scarpiera. Proprio così. Ciò che voglio dire è che quella volta non vidi uno spettro. Quello che vidi… ero semplicemente io. Però ancora oggi non riesco a dimenticare il terrore provato quella notte. E mi sono convinto di una cosa: non c’è nulla al mondo che l’essere umano debba temere più di sè stesso.” I salici ciechi e la donna addormentata (2006)

L’ARTE DI CORRERE: CONOSCERE I PROPRI LIMITI E LE PROPRIE RISORSE

“In qualsiasi circostanza, battere un avversario è l’ultima delle mie preoccupazioni. Ciò che piuttosto mi interessa è se riesco o meno a raggiungere gli obiettivi che io stesso mi sono prefisso.” L’arte di correre (2006)

Questo passaggio è tratto dal libro L’arte di correre, il romanzo autobiografico di Murakami. La scrittura e la corsa sono le due grandi passioni dell’autore che trascorre le sue giornate dividendosi tra queste attività. Entrambe rimandano a valori fondamentali come l’autodisciplina, il riconoscimento dei propri limiti e il raggiungimento dei propri obiettivi, autenticamente sentiti. Il libro non è un elaborato tecnico sulla corsa, ma racconta di come questa quotidiana attività abbia una valenza salvifica per l’autore aiutandolo a liberarsi dai pesi dell’anima che spesso la scrittura in solitudine fanno emergere. La corsa descritta come una terapia emotiva può essere un’analogia con un percorso psicoterapico. Infatti entrambe richiedono tenacia, impegno e disciplina; uno richiede l’allenamento dei muscoli e l’altra quello delle emozioni. I due percorsi espongono alla frustrazione, al senso del limite personale ma stimolano anche al perseguire il proprio benessere, a riscoprire le proprie risorse e valorizzare le potenzialità.

Perchè nella vita siamo immersi nella fatica, inzuppati nei limiti e nelle costrizioni e allora la terapia come la corsa diventano un atto tenace e  coraggioso, fatto di costanza e disciplina: una scelta per conoscere meglio sé stessi. 

“La fatica è una realtà inevitabile, mentre la possibilità di farcela o meno è a esclusiva discrezione di ogni individuo.” L’arte di correre (2006)

 Giulia Lauri

BIBLIOGRAFIA:

NORSA D., ZAVATTINI C. (1998). “Intimità e collusione” - Raffaello Cortina Editore

FREUD S., (1915). “Lutto e melanconia”, in Opere, vol. VIII, Bollati Boringhieri, Torino.

*Note sull'autrice. Giulia Lauri è Psicologa, Psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico e Dottore di Ricerca in Psicologia e Scienze Cognitive. Ha lavorato presso il Laboratorio di Psicofisiologia del Sonno del Dipartimento di Psicologia dell'Università La Sapienza di Roma, collaborando alla realizzazione di studi sul sonno sia nella ricerca di base che nella clinica. Svolge attività consulenza psicologico-clinica e psicoterapia a Roma. Si occupa di progettazione, gestione e attuazione della programmazione educativa della Fattoria didattica "Terra del vento". Ha partecipato, in qualità di relatore, a congressi nazionali ed è autrice di articoli e pubblicazioni scientifiche. Con PsyPlus ha collaborato all'interno del progetto di intervento a sostegno delle persone colpite dal sisma del centro Italia ed è inserita nell'area dei servizi di psicologia scolastica.

 

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